sabato 22 aprile 2017

Le tecniche di manipolazione dei sondaggi

di Giuseppe Sello

I sondaggi sono indagini statistiche che, attraverso campioni, pretendono di stabilire quali siano le opinioni e i comportamenti di una popolazione nel suo complesso, o di una parte di essa. Franceinfo, un importante emissione radio francese che appartiene al gruppo di Radio France, l'ente pubblico francese di diffusione radiofonica, ha dedicato, lo scorso 19 marzo, un ampio articolo alle ragioni che spiegano perché i metodi degli istituti di sondaggio francesi sono contestati e contestabili. 
Le tecniche dei sondaggi - spiega Sylvain Tronchet - hanno conosciuto un'evoluzione negli ultimi decenni. In origine essi si svolgevano attraverso sondaggisti che bussavano alle porte delle case, interrogando personalmente le persone. Per Alain Garrigou, creatore dell'osservatorio dei sondaggi, questo metodo era «il migliore, ma anche il più caro».
E poiché, progressivamente, le porte non venivano più aperte ai sondaggisti, si passò ai sondaggi per telefono. Anche in questo caso, la gente iniziò a riattaccare alle domande. Si arrivò al punto che bisognava fare dieci chiamate telefoniche per ottenere un'intervista. Tutto ciò costava molto caro. Finalmente, nel 2000, con l'arrivo di Internet, i sondaggi conobbero una nuova vita. Ma la qualità delle inchieste è sensibilmente diminuita.
LA PROFESSIONALIZZAZIONE DEGLI INTERROGATI
Per incitare i francesi ad iscriversi al loro programma, i sondaggisti offrono regali o danaro. Ciò ha portato a una "professionalizzazione" degli interrogati, che hanno visto la possibilità di guadagnare attraverso la partecipazione al maggior numero possibile di "panel" di sondaggi. La risposta dei "sondati" professionali non è però mai veritiera perché, per essi, ciò che è più importante, è non essere esclusi dal "panel". Franceinfo cita il caso di un "professionale", giovane padre di famiglia dell'Est della Francia, che risponde ogni mese a decine di sondaggi. «La gratificazione - ha dichiarato - è per me un elemento primordiale. Rispondo solo a sondaggi che sono remunerati. Sono iscritto a un panel dal 2012 e ho già ricevuto un "babyphone", un'aspirapolvere, un cofanetto di giardinaggio, libri, abbonamenti, etc.».
Ciò conduce all'uso sistematico della menzogna, che si manifesta soprattutto esprimendo posizioni politicamente corrette. La conseguenza è la sottovalutazione sistematica dei voti dati alle ali estreme e la sovradimensione del voto centrista, che oggi invece è quello che si sta dissolvendo.
Già negli anni Novanta, all'epoca dei sondaggi telefonici, bisognava moltiplicare per due o per tre il numero delle risposte ottenute, al fine di ottenere una stima corretta del voto del Front National. Oggi è stato introdotto inoltre il cosiddetto "raddrizzamento" dei voti, per correggere le risposte non politicamente corrette. Questa forme di raddrizzamenti sono segrete e sono oggi al centro del dibattito.
CHE FARE?
Due senatori, Hugus Portelli (LR) e Jean-Pierre Sueur si battono da anni affinché i sondaggisti pubblichino le loro cifre brute e i loro metodi di raddrizzamento, per far capire come si arriva al risultato. Una legge a questo proposito è stata emanata nel 2016, ma è stata rapidamente aggirata. Esistono poi i sondaggi "bidone", come quello che nel 2014 indicava Nicolas Sarkozy come un candidato in grado di battere, da solo, Marin Le Pen, al secondo turno delle presidenziali.
Come ha spiegato il presidente dell'Isi (Istituto per l'interscambio scientifico di Torino) Mario Rasetti in un'intervista al quotidiano ItaliaOggi del 16 novembre scorso, oggi è possibile usare gli algoritmi predittivi che setacciano sul web, in continuo, milioni di dati relativi ai comportamenti e alle scelte degli elettori.
Essi pertanto sono in grado di fare delle previsioni di gran lunga più attendibili dei sondaggi. Ma sono più facilmente manipolabili, e il vero scopo dei sondaggi non è quello di conoscere i giudizi dell'opinione pubblica, ma di orientarla, dando per esempio come definitivamente perdente in Francia un candidato, quale Fillon, che ha forse molte carte ancora da giocare. I sondaggi insomma non sono strumenti di previsione, ma di manipolazione mediatica.

venerdì 21 aprile 2017

Sempre più ricca la letteratura su Fatima

di Cristina Siccardi

Per commemorare i cento anni trascorsi dalla prima apparizione della Vergine Santissima a Fatima, sono recentemente usciti diversi libri. Alcuni di essi, come quello spagnolo di José María Zavala, El secreto mejor guardado de Fatima (Ediciones Temas De Hoy), cerca di portare nuovi elementi di indagine sul terzo segreto, che continua ad essere causa di investigazioni, dibattiti e curiosità.
Altri testi sono, invece, di carattere più di memento che di novità, come Fatima. Tutta la verità. La storia, i segreti, la consacrazione di Saverio Gaeta (San Paolo), autore che ha scritto anche L’ultima profezia. La vera storia di Medjugorie (Rizzoli), dove queste presunte apparizioni vengono definite azzardatamente come «l’evento più clamoroso del cristianesimo dopo la risurrezione di Gesù»; altri libri che vanno segnalati sono Inchiesta su Fatima. Un mistero che dura da cento anni di Vincenzo Sansonetti (Mondadori) con la prefazione di Vittorio Messori e 2017 Fatima. Centro del mondo di Luciano Garibaldi (Mimep-Docete). Fatima dunque continua ad interessare il variegato e piagato mondo cattolico.
Un’attenzione editoriale che denota, soprattutto nei nostri giorni, confusi e affannati, la consapevolezza dell’esistenza di un ampio bacino di lettori che ancora credono nei segni e negli interventi divini. L’ultimo Papa ad essere andato a Fatima, Benedetto XVI, disse: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa. (…) Possano questi sette anni che ci separano dal centenario delle Apparizioni affrettare il preannunciato trionfo del Cuore Immacolato di Maria a gloria della Santissima Trinità». Ora attendiamo ciò che dirà il 13 maggio a Fatima Papa Francesco.
In questi giorni, inoltre, il ricercatore portoghese Pedro Sinde, dopo la lettura del libro Fatima et la passion de l´Eglise (Éditions Le Drapeau blanc, Roquepine 2017), versione francese di Fatima e la Passione della Chiesa (Sugarco, Milano 2012), tradotto anche in polacco (Wydawnictwo Esprit, Cracovia 2014), si appresta a fare conoscere nella sua terra il sorprendente legame che ha unito per secoli Fatima a Casa Savoia.
Nel XII secolo i lusitani, ovvero i portoghesi, avevano vinto gli islamici che dominavano la penisola iberica. Alfonso I (1109-1185), detto il Conquistatore (Conte del Portogallo dal 1128 al 1139 e poi primo Re del Portogallo dal 1139 fino alla morte), affidò al suo eroico condottiero, Don Gonçalo, il compito di difendere il Paese dai musulmani. Prima della decisiva battaglia di Ourique (26 luglio 1139), Alfonso stava pregando per la protezione del popolo portoghese, quando gli apparve Gesù Cristo sulla croce.
La guerra fu vinta e, in segno di gratitudine, il Re incorporò le cinque ferite di Cristo nella bandiera, inserendo cinque pallini bianchi all’interno dei cinque scudi azzurri, che rappresentano i cinque sovrani moreschi sconfitti proprio ad Ourique: piaghe e scudi sono tuttora presenti sul drappo portoghese. Quale premio per la vittoria ottenuta il Re concesse al fedele Gonçalo il privilegio di scegliersi in sposa la giovane più bella fra le musulmane prigioniere e quest’ultimo elesse Fatima, nome assai noto fra gli islamici, perché appartenuto alla figlia di Maometto. Ma a Fatima venne imposta una condizione, che la giovane accolse benignamente: la conversione alla religione cattolica. Maestra e catechista fu la moglie di Alfonso I, Mafalda di Savoia, prima Regina del Portogallo.
L’unione fra il condottiero, conosciuto come Matamoros, e la bella Fatima durò poco: la sposa morì prematuramente e Gonçalo decise di ritirarsi a vita di preghiera e di penitenza nell’abbazia cistercense di Alcobaça, tra i figli di San Bernardo, abbazia fondata e donata a San Bernard de Clairvaux (1090-1153) dallo stesso Alfonso I. Don Gonçalo, al fine di avere un più vivo ricordo dell’amata sposa, ne fece trasferire la salma in una località vicina e che da lei prese il nome: Fatima.
Fra le antiche carte dell’archivio del monastero delle Domenicane di Alba (Cuneo), fondato dalla Beata Margherita di Savoia, è custodita una straordinaria documentazione: scritti rivelanti che nel XV secolo Casa Savoia venne informata delle future apparizioni di Fatima e degli annunci mariani circa i castighi che si sarebbero abbattuti sull’umanità. Era il 16 ottobre 1454 quando, in questo monastero di Santa Maria Maddalena, una certa suor Filippina de’ Storgi (?-1454), prima di spirare, lasciò una profezia: la Madonna sarebbe apparsa a Fatima. Suor Filippina era la figlia di Filippo II di Savoia-Acaia (1340-1368), vittima di una congiura familiare che lo condusse ad essere legato e gettato ancora vivo nelle gelide acque del lago di Avigliana (Torino).
Tuttavia, avendo chiesto l’intercessione del Beato Umberto di Savoia (1136-1189), si salvò miracolosamente. Fu così che decise di fuggire e di vivere da pellegrino penitente e orante per essere perdonato dei propri peccati, prendendo il nome di Frate Guglielmo. Visitò così i santuari della Francia, della Svizzera, della Spagna, del Portogallo e giunse fino a Fatima, dove era stata edificata una chiesa per volere di Mafalda di Savoia, figlia di Amedeo III di Savoia (1087-1148), detto il Crociato, poiché aveva partecipato, richiamato alle armi da Papa Callisto II, alle guerre in Terrasanta.
Filippo di Savoia-Acaia entrò nella modesta chiesetta di Fatima e scorse, davanti all’altare, sul nudo pavimento, una pietra tombale con una scritta latina che recitava: «Qui giace Mafalda ovvero Matilde figlia di Amedeo III Conte di Savoia e sorella di Umberto III Conte di Savoia, consorte di Alfonso Eriquez I Re del Portogallo insieme alla sua figlia spirituale Oureana già chiamata Fatima. Questa chiesa e l’attiguo convento li fece erigere quella Regina per onorare la Gran Madre di Dio nell’anno 1154».
Fatima e Mafalda erano, dunque, state sepolte insieme. La Regina, morta a Coimbra il 4 novembre del 1157, lasciò scritto nel suo testamento che aver «portato Oureana alla fede cristiana è stata la mia grande gioia. Lascio a lei il compito di continuare il culto della Vergine nella chiesetta che feci costruire alla Sierra de Aire che tanto somiglia alla mia Savoia e dove desidero essere seppellita io stessa per riposare nella quiete eterna ai piedi della Vergine Maria, lontano dall’eco della città». Gli auspici di Mafalda di Savoia si realizzarono e la chiesetta del borgo di Fatima divenne centro universale di spiritualità mariana.
In punto di morte la veggente Suor Filippina de’ Storgi «parlava de’ futuri eventi, prosperi e funesti della Casata Sabauda, fino a un tempo non preciso di terribili guerre, dell’hesilio di Umberto di Savoia [Re Umberto II] in Lusitania, di un certo mostro d’Horiente, tribulatione dell’Humanità, ma che sarebbe ucciso dalla Madonna del S. Rosario de Phatima, se tutti li huomini l’havessero invocata con penitentia grande» (In C. Siccardi, Fatima e la passione della Chiesa, Sugarco, Milano 2012, p. 53).
Inoltre il 16 settembre 1454 la mistica sabauda rivelò che «là nella Lusitania c’è una chiesa in un paese che si chiama Fatima, edificata da una antenata della nostra Santa Fondatrice Margherita di Savoia, Mafalda e che una statua della Vergine SS.ma ha detto degli avvenimenti futuri molto gravi perché Satanasso farà una guerra terribile ma perderà perché la Vergine SS.ma Madre di Dio e del SS.mo Rosario di Fatima “più forte di ogni esercito schierato a battaglia” lo vincerà per sempre» (Ibidem).
Questa cronaca storica offre un’idea dell’immensità del progetto che la Divina Provvidenza ha riservato a Fatima, un progetto che ebbe inizio con la fondazione del Regno del Portogallo e si è poi sviluppato attraverso i secoli, coinvolgendo anime prescelte: dai primi sovrani della nazione lusitana, che liberarono la loro terra dalla presenza dei violenti seguaci di Maometto ai tre pastorelli di Fatima, portavoci delle esortazioni e dei richiami della Madonna, che, nella comunione dei Santi, li lega alla monaca Suor Filippina, morta in odore di santità. 
da: www.corrispondenzaromana.it

giovedì 13 aprile 2017

Harold Acton: memorie di un esteta cattolico




di Luca Fumagalli

Poco fuori Firenze, la via Bolognese offre al turista desideroso di evadere dalla ressa del centro diversi spettacoli imprevisti. Ai lati della strada, che si inerpica dolcemente tra le colline, tutta curve e sinuosi cambi di direzione, nel corso dei secoli sono infatti sorte splendide ville signorili, rimembranze di un mondo che fu, di un’opulenza aristocratica bandita dalla storia. I cancelli custodiscono ancora oggi i segreti di quel lontano passato, quando Firenze era ben lontana dall’invadere la campagna limitrofa, e l’Arno e le vecchie mura bastavano a contenere la baldanzosa esuberanza dell’incremento demografico.
Al civico 120 si trova villa La Pietra, una splendida tenuta a cui si giunge percorrendo un lungo viale alberato. L’edificio, di fondazione rinascimentale, è circondato da lussureggianti giardini all’italiana, con aiuole, fontane e piante di agrumi. Ogni terrazza costituisce un microcosmo vegetale in cui elementi architettonici e decorativi si innestano senza soluzione di continuità.
In una delle stanze della casa, bomboniera di preziosità artistiche, nel 1904 Harold Acton aprì per la prima volta gli occhi alla luce. Rampollo di una ricca famiglia inglese di tradizione cattolica, Acton fu collezionista d’arte e scrittore di rara erudizione. Con la sua morte, nel 1994, scomparve l’ultimo rappresentante di quella colonia britannica che nella prima metà del XX secolo aveva animato la vita culturale del capoluogo toscano.
Non era raro vedere il giovane Harold camminare per le vie cittadine con Norman Duglas e Reggie Turner o scambiare qualche parola con l’etereo Ronald Firbank. Frequentava i locali alla moda in compagnia di vecchi nobili russi – costretti all’esilio dopo la rivoluzione del ’17 – e non perdeva occasione per un franco scambio di opinioni quando l’interlocutore era l’antiquario Pino Orioli o lo storico dell’arte Bernard Berenson.
Acton, cresciuto culturalmente a Oxford, visse in Inghilterra gli anni della prima maturità, l’epoca gloriosa di quei ragazzacci mondani che la stampa britannica bollò con l’etichetta di “Bright Young Things”, le stelle delle nottate salottiere all’epoca del jazz.
Nel frattempo coltivò ambizioni di poeta ed ebbe contatti con Gertrud Stein, i fratelli Sitwell, Robert Byron ed Evelyn Waugh, di cui fu affettuoso sodale fino alla fine dei suoi giorni. Waugh gli dedicò il suo primo romanzo, Declino e caduta, e Acton volle ricambiare il favore instradando l’amico verso la Chiesa cattolica. Qualche voce maligna suggerì all’epoca della pubblicazione di Ritorno a Brideshead che il personaggio di Anthony Blanche, dandy e decadente, fosse stato ispirato a Waugh proprio dall’eccentrico compagno.
L’Inghilterra fu solo una parentesi nella vita di Acton che mai smise di considerare Firenze la sua vera casa. L’Italia che lui amava era quella delle piccole patrie e dei valori universali, quella del Rinascimento e della Fede, quella descritta ed elogiata nei suoi saggi dedicati ai Medici e ai Borboni nonché nell’autobiografia Memorie di un esteta. La sua penna, sempre corroborante, capace di intrecciare frasi delicate e florilegi lessicali, non mancò inoltre di denunciare le brutture del fascismo, compreso l’odioso convincimento mussoliniano di voler riportare ad antichi fasti un’Italia che, in realtà, non venne mai veramente unificata. Da qui le ragioni che lo spinsero ad arruolarsi nella RAF durante il secondo conflitto mondiale.
Acton fu anche un’instancabile viaggiatore. Dopo l’università tentò, senza successo, di sbarcare il lunario come scrittore a Parigi per poi trasferirsi in Cina. Dal 1932 al 1939 visse a Pechino, dove imparò ad apprezzare la cultura orientale, diventandone uno dei maggiori esperti. Percorse tutto il sud-est asiatico e fu solo con lo scoppio della guerra sino-giapponese che si risolse, con un groppo in gola, a tornare in Italia.
Nel 1971, rifugiatosi nella tranquillità della sua villa, divenne protagonista delle cronache ecclesiastiche, quando la sua firma comparve in calce al documento che diede il la alla concessione comunemente nota come “Indulto di Agatha Christie”. A seguito delle riforme liturgiche introdotte da Paolo VI, alcuni intellettuali inglesi, tra cui la celeberrima scrittrice, avevano firmato congiuntamente una petizione per chiedere il mantenimento in Inghilterra e in Galles del rito tridentino. Montini non poté ignorare una supplica che proveniva dal fior fiore dell’intellighenzia britannica e infine assecondò la richiesta.
A ricordare oggi la parabola esistenziale di Acton, oltre a villa La Pietra – ora di proprietà dell’Università di New York – restano solamente poche righe su qualche rivista e un paio di approfondimenti biografici rintracciabili a fatica in oscuri saggi miscellanei. La storia di questo singolare inglese-italiano giace colpevolmente dimenticata. Eppure Harold Acton fu una figura tutt’altro che trascurabile, a suo modo un piccolo segno di contraddizione nel corso del XX secolo: uomo moderno ma al contempo orfano di un passato mitico fatto di ordine, cavalleria e santità.
Dunque ancora si attende chi prenderà il testimone della diuturna battaglia condotta da Acton contro il brutto, il conformismo, l’indifferenza e i falsi profeti. Una missione, del resto, che pare più che mai attuale in tempi tanto ferrigni come quelli in cui stiamo vivendo
da: www.radiospada.org

mercoledì 12 aprile 2017

Seconda Edizione del Premio di Arte e Cultura “Il Tempio dell’Anima”.

L’Accademia Internazionale Vesuviana
Indice la Seconda Edizione 
del Premio di Arte e Cultura 
“Il Tempio dell’Anima”.
Percorsi culturali del Terzo Millennio nel Biennio Accademico 2016-2017

Il premio si articola nelle seguenti sezioni ed è riservato ad Autori, Poeti, Scrittori e Artisti, anche stranieri, nonché a giovani autori adepti e promettenti, con elaborati in lingua italiana e vernacolare.

A)              Poesia - Inviare max da una a tre Poesie, Prosa o Temi lirici, editi o inediti, in lingua italiana, a tema libero, oppure su temi sociali, religiosi, spirituali, famigliari, storici; temi sull’amore, dolore, amicizia, sulla natura, sulla Droga, su Fatti, fenomeni  e avvenimenti quotidiani di cronaca,  max 30-40 versi dattiloscritti su fogli formato A/4, in duplice copia di cui una con dati, firma, telefono ed eventuale Mail.
B)              Vernacolo - Inviare max da una a tre Poesie, Prosa, Temi lirici, editi o inediti in lingua napoletana o siciliana (senza traduzione); vernacolare di ogni regione d’Italia max 30-40 versi (possibilmente con traduzione). Elaborati redatti su formato A/4, in due copie di cui una con dati, firma, tel. ed eventuale Mail.
C)              Libro - Inviare una sola copia di Poesie, Prosa, Pensieri, Saggi, Racconti, Storie in lingua italiana o vernacolo segnalando dati, firma, telefono, ed eventuale mail sulla prima pagina del medesimo.
Silloge - Inviare una silloge max dieci poesie (spillata con  titolo senza indice) in lingua o vernacolo
D)              Artistica – Inviare due- cinque Foto di Opere diverse tra loro, di ogni genere artistico, formato max 20x25 a colori o in bianco e nero con sul retro i titoli e, almeno dietro una sola, dati, indirizzo, telefono, ed eventuale mail. Gli elaborati delle Sezioni A, B e E possono essere inviati anche Via E-mail a gianniian@libero.it
E)              Racconti – Inviare da uno a tre elaborati non superiori alle tre pagine di Racconti, Favole, Saggi, Monologo, Storia, Tema, Riassunto, Evento, ecc. dattiloscritti su fogli formato A/4 in due copie di cui una con dati, telefono ed eventuale mail.
Si può partecipare a più Sezioni, inoltrando un contributo a Sezione di quindici euro, da inviare solo  in contanti  insieme agli elaborati previo Raccomandata ben sigillata con nastro adesivo sulle chiusure della busta non oltre il 30 Aprile 2017, al Cav. Gianni Ianuale - Casella postale Aperta 10 - 80034 Marigliano (NA) Italy.
                         Gli elaborati inviati senza contributo saranno automaticamente esclusi dal premio.
L’Accademia si esenta da smarrimenti o disguidi postali e ringrazia gli autori che invieranno quanto prima le opere. Opere che si potranno consegnare anche a mano presso la Sede: Via Somma, Traversa Privata, 91/A - 80034 Marigliano (Napoli). Per ogni informazione Telefonare ai  numeri: 338-388.67.15 - 081-885.49.16 - 331-282.86.19
La Cerimonia di premiazione si svolgerà nel suggestivo teatro dell’Arcidiocesi S. Anna alle Paludi, sita a trenta metri dalla Stazione Centrale di Napoli. La giuria, formata da qualificati personaggi del mondo della cultura, del giornalismo e dell’arte contemporanea, con parere insindacabile, sarà resa nota nel giorno della premiazione.
Verranno assegnati ai primi classificati Eleganti Conferimenti, Menzioni, Premi speciali, ma al di là dei risultati, l’Accademia premierà tutti i partecipanti con un elegante Diploma a colori e premio di partecipazione.
I premi non ritirati verranno spediti su richiesta dei diretti interessati. Tutto il materiale del Premio dopo un anno verrà distrutto. Una Raccomandazione agli Autori e Artisti è quella di inoltrare quanto prima le opere.
In base al numero dei partecipanti e alla qualità dei temi partecipanti, la commissione assegnerà ulteriori premi agli autori meritevoli. Inoltre l’organizzazione per motivi specifici potrà apporre qualche variazione a titolo cautelativo.
L’Accademia cura l’immagine e pubblica con la Brignoli Edizioni eleganti libri, opere di qualsiasi genere, personalizzate, con foto e copertine a colori plastificate, ben curate, con critiche e recensioni gratuite.
Invia subito le Opere – Partecipando, avrai una bella sorpresa





Ottava Edizione del Premio di Arte e Cultura “Due Sicilie”

   L’Accademia Internazionale Vesuviana 
Indice la Ottava Edizione del Premio di Arte e Cultura 
“Due Sicilie”.
Percorsi culturali nel Segno della Misericordia

Il premio è riservato ad Autori, Poeti, Scrittori e Artisti, anche stranieri, nonché a giovani autori adepti e promettenti, con elaborati in lingua italiana e in lingua vernacolare. La cerimonia di premiazione si svolgerà nella prossima primavera a Napoli, in una struttura vicino alla Stazione Centrale e verrà comunicata a tutti i partecipanti con l’allegato  Verbale della Commissione Giudicatrice, che sarà resa nota al momento della premiazione.

Norme di partecipazione
A)              Inviare da una a tre Poesie, Prosa o Racconti, editi o inediti, in lingua italiana, a tema libero, oppure temi sui Genitori, sui Figli, sul Dolore, sulla Mamma, sull’Anima, sull’Amore, sull’Amicizia, sulla Natura, sul Mare, sulla Famiglia, sulla Droga, sul Lavoro, su Fatti, fenomeni  e avvenimenti quotidiani di cronaca,  max 30-40 versi per poesie e prosa; per gli altri temi 3 o 4 pagine. Il tutto dattiloscritto su fogli formato A/4, in duplice copia di cui una con dati, firma, telefono ed eventuale Mail.
B)              Inviare da una a tre Poesie, Prosa o Temi lirici, editi o inediti, in lingua italiana a Tema libero o religioso di ogni etnografia, riguardante i Santi, gli Angeli, la Madonna, Padre Pio, i Papi, S. Francesco, gli Apostoli, i Beati, i Venerati, i Benefattori dell’umanità, e altro. Elaborati redatti su fogli formato A/4, in duplice copia di cui una con dati, firma, telefono ed eventuale Mail.
C)              Inviare una sola copia di un libro di Poesie, Prosa, Pensieri, Saggi, Racconto, Storie in lingua italiana o vernacolo di Case editrici e non, segnalando dati, firma, telefono, ed eventuale mail sulla prima pagina.
D)              Inviare da una a tre liriche o poesie in vernacolo napoletano, senza traduzione, o di altre Regioni italiane, con traduzione, max 30-40 versi, redatti su foglio formato a/4, in duplice copia di cui una con dati, firma, telefono ed eventuale mail.
E)              Artistica – Inviare da due a cinque Foto di Opere diverse tra loro, di ogni genere artistico e creativo, formato max 20x25 a colori o in bianco e nero con sul retro i titoli e, almeno dietro una sola, dati, indirizzo, telefono, ed eventuale mail. Gli elaborati delle Sezioni A, C e D possono essere inviati anche Via E-mail a gianniian@libero.it
Note - Si può partecipare a più Sezioni, inoltrando un contributo a Sezione (a Sezione), di quindici euro, da inviare solo in contanti  insieme agli elaborati previo una Raccomandata ben sigillata con nastro adesivo sulle chiusure della busta non oltre il 30 Aprile 2017, al Cav. Gianni Ianuale - Casella postale 40 - 80034 Marigliano (NA) Italy. Gli elaborati inviati senza contributo saranno automaticamente esclusi dal premio.
L’Accademia si esenta da smarrimenti delle opere o disguidi postali e ringrazia gli autori che invieranno quanto prima le opere, che, potranno consegnare a domicilio (Via Somma Traversa Privata, 91/A - 80034 Marigliano (Napoli). Per ogni tipo di informazione Telefonare ai seguenti numeri: 338-388.67.15 – 081-885.49.16 – 331-282.86.19

Tutti i partecipanti riceveranno invito personale, verbale con il programma della Cerimonia di premiazione, evento che si svolgerà nella primavera del 2018 a Napoli in una struttura nei pressi della Stazione Centrale . La giuria, formata da eminenti personaggi del mondo della cultura, del giornalismo e dell’arte contemporanea, con parere insindacabile, verrà menzionata nel giorno della premiazione. Verranno assegnati eleganti conferimenti, Menzioni e Premi speciali. Al di là dei risultati, tutti i partecipanti saranno premiati. I premi non ritirati verranno spediti su richiesta dei diretti interessati. Tutto il materiale del Premio dopo un anno verrà distrutto. Una Raccomandazione agli Autori e Artisti è quella di inoltrare quanto prima le opere. 

La Scomparsa di Barberi Squarotti

di Elio Giunta

da sinistra: G. B. Caputo, Giorgio Barberi Squarotti, e T. Romano

Domenica 10 u.s. moriva a Torino Giorgio Barberi Squarotti. La notizia, nonostante lo sapessimo da tempo di salute malferma, ci è giunta come imprevedibile, inattesa, e come tale ci ha dato smarrimento. Questo perché non solo non pensavamo a sue possibili condizioni estreme, ma perché eravamo talmente avvezzi e costantemente legati alla sua corrispondenza affettuosa, talmente consapevoli della sua intaccabile lucidità mentale, che non pensavamo che un giorno potessimo venirne privati.
Personalità di alto spessore tra quelle che hanno fatto la cultura del Novecento, che ne hanno definito i caratteri della letteratura, la sua militanza come critico costituiva punto di riferimento specie per l’interpretazione degli autori detti contemporanei (Poesia e narrativa del secondo novecento); ma era anche presenza singolare nella varietà delle proposte di poesia del secolo, giacché soleva registrare in versi, con assiduità, i movimenti, gl’incontri, le esperienze visive e immaginifiche, donde i numerosi titoli delle raccolte pubblicate dagli anni 60 ad oggi e che restano come originale documento de La scena del mondo.

L’aspetto severo della sua figura mal celava la massima generosità con cui si accostava ad ogni manifestazione di buona volontà letteraria: infatti ascoltava tutti, a tutti soleva dare riscontro, per tutti aveva un giudizio. Con Palermo poi nutriva un rapporto privilegiato, iniziato oltre un quarantennio fa e coltivato con sempre maggiore familiarità, sia per le diverse frequenze amicali con chi a Palermo pratica letteratura, sia per le occasioni che Palermo gli offriva per conferenze o incontri.  E proprio a Palermo egli pubblicava recentemente, presso le edizioni Thule, quella raccolta di versi Le avventure dell’animo, con cui si vivificava e riassumeva, come per un’ultima volta, il suo fervore creativo.  Tra noi, dunque, a Palermo, resteranno indimenticabili le sue molte parole esortative: La letteratura può giovare a conservare la religione del passato e la speranza per il futuro. L’amicizia nella letteratura è garanzia di verità e di passione della vita; in essa s’insegue il meglio della storia del mondo. E tante altre parole continueranno a fluire, nel ricordo di un grande amico che se n’è andato e col quale e del quale continueremo a parlare a lungo.

martedì 11 aprile 2017

Incontro sul tema: "Guglielmo Peralta e la Soaltà" giovedì 20 Aprile


Mostra di arte contemporanea di Danilo Mendola


ARTISTI 
Daniele Alonge, Angelo Barile, Giuseppe Brugioni, Momò Calascibetta, Roberto Collodoro, Lorenza Ciulla, Leonardo Cumbo, Max Ferrigno, Sergio Fiorentino, Luigi Giocolano, Emanuela Giuffrida, Piero Guccione, Corrado Inturri, Giovanni Iudice, Sebastiano Parasiliti, Domenico Pellegrino, Fortunato Pepe, Michele Principato Trosso, Alice Valenti, Giuseppe Veneziano e Domenico Zora.

L'ex Chiesa San Giovanni Battista, suggestiva location nel centro storico di Gela, appena restaurata, ospiterà all'interno dei suoi spazi "Amen: religione e religiosità nell'arte contemporanea", una mostra collettiva a cura di Danilo Mendola e con la collaborazione dell'associazione Uncle Jack.
Il progetto espositivo, in sintonia con il clima pasquale della città, si articolerà in due tappe. La prima a Gela dal 6 al 18 aprile 2017 e la seconda a Ragusa, nei locali del Palazzo Zacco, dal 21 aprile al 10 maggio 2017. Una mostra impreziosita da nomi di altissimo livello: 
Daniele Alonge, Angelo Barile, Giuseppe Brugioni, Momò Calascibetta, Roberto Collodoro, Lorenza Ciulla, Leonardo Cumbo, Max Ferrigno, Sergio Fiorentino, Luigi Giocolano, Emanuela Giuffrida, Piero Guccione, Corrado Inturri, Giovanni Iudice, Sebastiano Parasiliti, Domenico Pellegrino, Fortunato Pepe, Michele Principato Trosso, Alice Valenti, Giuseppe Veneziano e Domenico Zora.

Religione e Religiosità nell’Arte Contemporanea
E’ affascinante e curioso osservare quante innumerevoli siano le rappresentazioni e i modi di percepire la “spiritualità”appartenenti all’immaginario collettivo e come le mani e il pensiero degli artisti ne rappresentino, di volta in volta, soggettivamente, i vari aspetti della realtà.
La religione in Sicilia è anche “ Folkrore e costume “, un misto tra riti religiosi e pagani propri della gente. Essa porta impresse, nelle antiche tradizioni che si tramandano oralmente, la fierezza della sofferenza, dell’ironia e della passione in senso lato. La religione, o meglio ancora, le religioni vivono da sempre parallelamente ed ancestralmente alla normale vita sociale, riflettendosi, soprattutto, negli occhi e nelle gesta della gente umile, nelle rappresentazioni ad esse collegate.
Nel mondo antico la festa per antonomasia era quella religiosa, per Platone era “il giorno del rapporto con la divinità”. Nella Pasqua cristiana, ancora oggi, si rinnovano annualmente le vicende mitiche già esistenti in quasi tutte le antiche civiltà, ove si narrava di una dea ( dai Romani chiamata Cerere, dai Babilonesi Ishatar, dai Frigi Cibele, dai Greci Demetra, dagli Egizi Iside) la quale piangeva la morte e assisteva alla rinascita di una divinità che era la personificazione della natura, in particolare del grano. L’opposizione ricorrente è quella dell’estate e dell’inverno, dell’interminabile lotta fra il bene e il male che riprende a pieno titolo quella primitiva e solenne tra la vita e la morte.
In una più ampia prospettiva antropologica tratti comuni dei nostri comportamenti possono essere a volte ritrovati in culture geograficamente agli antipodi che, pur non avendo mai avuto contatti diretti, sembrano essere strette da un misterioso leitmotiv. Oggi, in questo percorso espositivo il visitatore/osservatore viene invitato a concentrarsi sulle vibrazioni emozionali trasmesse dagli artisti per mezzo delle opere e a percepire il significato religioso trasmesso ( anche allontanandosi dalla concezione tradizionale ), nel senso più ampio e profondo, specificamente come l’Amore di Dio, in qualsiasi forma e /o nome venga a Lui attribuito.

lunedì 10 aprile 2017

La profezia di Don Bosco a Francesco II sul Regno delle Due Sicilie

CATANIA - Quanto si leggerà nelle seguenti righe non proviene da fonti anonime e non verificate, o da tesi complottiste, che si trovano frequentemente nel mondo del web, ma direttamente dalle ben verificabili memorie di Don Bosco, che furono pubblicate in più volumi ed edizioni, a cavallo tra l'Ottocento ed il Novecento. L'esistenza di tale documentazione ci fu segnalata dal nostro nobile amico Valerio Lo Giudice, grazie al quale potemmo rinvenire l'intero cartiglio, che consiste in una serie di abboccamenti avvenuti tra il Santo torinese, nel corso di una delle sue visite al Pontefice, ed i reali di Napoli, che erano in esilio a Roma.

In realtà, prima ancora del memorabile colloquio con Francesco II, e poi della regina Maria Sofia, fu la Regina Madre Maria Teresa ad avere l'incontro conoscitivo con Don Bosco il 1° febbraio del 1867. 
Lo andarono a prendere con la carrozza all'orario che egli aveva indicato e giunto presso la dimora della regina madre, Ella le chiese che le venisse rivelato "un avvenire più glorioso e il ritorno alla reggia", tuttavia la profezia che il Venerabile riservò fu durissima, ma schietta, (e come ben sappiamo, veritiera):
"Maestà, mi rincresce doverlo dire, ma Ella non vedrа più Napoli!" 

"IL CASTIGO DI DIO SULLA DINASTIA"
Quelle dure parole, come si può ben immaginare, arrivarono alle orecchie di Francesco II. L'occasione per il grande incontro si materializzò il 3 febbraio, in casa della Duchessa di Sora a Villa Ludovisi, dove Don Bosco celebrò una messa, al termine della quale l'abboccamento ebbe finalmente luogo. Fu il re stesso a portare velocemente il discorso sulle sorti del suo regno, ma Don Bosco prese a ripetere le stesse parole che qualche tempo prima aveva detto alla madre:
- "Se vuole che le parli schietto, le dirò che Vostra Maestа non tornerа più sul trono".
Francesco II, rimase profondamente colpito dalle parole del servo di Dio e non poteva essere altrimenti conoscendo la profonda fede che lo animava, per questo non osò obiettare a quelle infauste parole profetiche, ma ne volle conoscere il motivo. Don Bosco lo accontentò e prese a ricordare come per tanti anni fosse stata trattata la Chiesa dai Reali di Napoli:
- "Sono per me argomenti certi il modo con cui i Reali di Napoli trattarono la Chiesa". 
- "Che intende con queste parole?"
- "Che la Santa Chiesa fu trattata a Napoli con poca reverenza". 
- "Come?! la Chiesa non era protetta?".
- "Per più di sessant'anni furono in vigore le leggi Febroniane. Un vescovo non poteva dar la cresima senza la licenza del Re: non poteva ordinar preti, radunar sinodi, far visite pastorali, corrispondere con Roma, senza il beneplacito del Sovrano.E questo si chiama protegger la Chiesa?" - aggiunse.
Udite quelle parole, il Re cercò di giustificarsi adducendo motivazioni politiche ed appellandosi, a compensazione, agli interventi del padre Ferdinando II, concertati con il Pontefice, per contrastare gli ideali anti-cattolici in voga in quegli anni nel suo Regno:
"- Ma veda, D. Bosco, soggiunse il Re, era una misura generale di sorveglianza, era necessità politica, era il timore di una rivoluzione, era precauzione, perchè non fossero violati i diritti della Corona, che inducevano il potere civile a fare così..." 
"Tuttavia.." - lo interruppe Don Bosco - "...quei mali religiosi non poterono essere estirpati..."
E rimbottò: "Maestà, rispose Don Bosco, io conosco la vostra sincera devozione alla S. Sede: conosco le prove luminose che ne avete date. Siete il figlio di una santa!(1)[...]Il mal influsso di certi consiglieri non cercò per molti anni di tener accese nel cuore dello stesso vostro padre le diffidenze contro Roma Papale?"
Le due diverse edizioni(2) delle Memorie di Don Giovanni Bosco, arricchiscono di dettagli quel colloquio, infatti il santo torinese ebbe a parlare anche della Sicilia, rimproverando al sovrano la malevola presenza di quell'istituzione conosciuta come "Apostolica Legazia di Sicilia", una prerogativa dell'isola che risaliva al tempo dei Normanni, grazie alla quale i sovrani di Sicilia avevano la facoltà di nominare i vescovi e gli arcivescovi dell'isola o di appellare le sentenze ecclesiastiche:
- "E crede Vostra Maestà che fossero tuttavia da approvarsi queste misure contro la Chiesa? E il pessimo tribunale della Regia Monarchia ed Apostolica Legazia di Sicilia, che da più di un secolo pretendeva che in quell'isola la Chiesa in gran parte le fosse soggetta?... che spiava e impediva ogni relazione del Clero secolare e degli Ordini religiosi colla S. Sede?... giudici iniqui che facevano ogni loro volere, usurpando l'autorità del Papa e dello stesso Sovrano? Costoro rendeano vane le disposizioni e gli ordini dei Vescovi, troppo spesso perseguitavano i buoni religiosi favorendo i peggiori, e per loro colpa venivano guasti spaventosi, che formavano lo scandalo dei fedeli: immoralità, simonia, prepotenza, frodi, introduzioni di indegni ne' maggiori uffizii, dispersioni de' beni religiosi in usi profani: e vi erano altri aggravi che non fa bisogno che enumeri. E tali giudici erano appoggiati o almeno tollerati. Questa è la causa del presente castigo di Dio sulla Dinastia". 
- "Ma la Maestà di Re Ferdinando mio padre, negli ultimi anni del suo regno in buon accordo col Papa, aveva acconsentito a togliere non pochi disordini che duravano in Sicilia" 
- "Sì, è vero; ma le cause di tanti mali religiosi non furono o non poterono essere rimosse. Si vollero conservare ancora alcuni privilegi di quel funesto tribunale, che avrebbe dovuto essere soppresso" 
S. Giovanni Bosco

"IL SIGNORE LI HA CANCELLATI DAL LIBRO DEI RE"
Re Francesco rimase pensieroso all'udire quelle funeste parole, ma volle chiedere ugualmente al Venerabile un ulteriore incontro, in quanto anche la regina Maria Sofia desiderava conoscerlo, e fu così fissato un nuovo colloquio per il venerdì della stessa settimana, ma la musica purtroppò quel giorno, non cambiò: 
- "D. Bosco! Mia moglie desidera un po' di sentire da Lei, se conferma quello che mi ha detto l'altro giorno quando ci parlammo alla Villa Ludovisi. 
- "Che cosa?"
- "Se ritorneremo a Napoli". 
- "Maestа! Io non son profeta, ma se ho da dirle quello che sento, credo che V. M. farebbe meglio a deporne il pensiero". 
"A questa risposta la Regina vivamente accesa esclamò": 
- "Ma come? Ed è possibile ciò, mentre tutta la nobiltа è dalla parte nostra, tanti fedeli lа combattono per noi, e il Regno d'Italia è cordialmente abborrito!"
- "Auguro, rispose pacatamente D. Bosco, che le speranze di V. M. si compiano; ma il mio povero parere si è che V. M. non avrа più da tornare sul trono di Napoli!"
"A queste parole la Regina frenò a stento lo sdegno, si alzò, salutò freddamente D. Bosco, e si allontanava".
Quel giorno, Francesco II ricevette in dono dal Servo di Dio una medaglietta che ricambiò cordialmente con il "volume della vita della santa sua madre", essendo iniziata la causa di beatificazione. Infatti, "il 28 aprile 1866 era stata riconosciuta ed approvata dalla Sacra Congregazione dei Riti, la fama di Santitа e delle virtù e miracoli della Venerabile Serva di Dio, il quale giudizio al 3 maggio dello stesso anno veniva confermato dal Papa".
"Uscito dal palazzo Farnese, il Servo di Dio affrettavasi verso la stazione per andare a Camaldoli e narrava confidenzialmente a D. Francesia il dialogo che aveva tenuto col Re e colla Regina di Napoli. Don Francesia stupito esclamò:
- "Ma lei perchè entra in questi particolari?"
- "Perchè essi mi interrogano; gli rispose D. Bosco". 
- "Io lascerei almeno il conforto della speranza a questi poveri esuli!" 
- "Non so ciò che faresti tu, se ti trovassi nel mio caso; mai io so che debbo rispondere così. In primo luogo essi non hanno figli. In secondo luogo il Signore li ha cancellati dal libro dei Re!"
(1) Come predisse Don Bosco, fu proclamata Beata il 25 gennaio 2014
(2) G.B. Lemoyne, Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco, vol. II, S. Benigno Canavese, 1898 ; G.B. Lemoyne, Memorie biografiche del venerabile Don Giovanni Bosco, vol. VIII, Torino, 1912

domenica 2 aprile 2017

Poesia operativa, strumento di trasmutazione

di Vittorio Varano




Nell’affrontare il problema di dover fornire una rappresentazione figurativa del tempo, i pensatori si dispongono in due grossi schieramenti contrapposti : i sostenitori del tempo dritto e quelli del tempo curvo ; a loro volta, il primo gruppo è composto da due sottoinsiemi : i sostenitori del tempo-retta ( che si estende all’infinito in entrambe le direzioni, all’indietro verso un passato senza principio, in avanti verso un futuro senza termine ) e quelli del tempo-segmento racchiuso tra due limiti estremi ( da una parte la Creazione, e dall’altra la Fine del Mondo, o Ultimo Giorno, o Giorno del Giudizio che dir si voglia ) ; il secondo gruppo è costituito anch’esso di due sottoinsiemi : i sostenitori del tempo-cerchio ( l’Eterno Ritorno dell’Uguale ) e quelli del tempo-spirale ( conciliazione tra sviluppo storico e i suoi corsi-e-ricorsi ) ; questi quattro tipi di pensatori descrivono il tempo in quattro modi diversi, ma descrivono lo stesso tempo ; ma questo tempo non è l’unico tempo ; e non è neppure il principale, ma, anzi, un tempo secondario e superficiale, in senso letterale.
Questo tempo è un tempo superficiale perché è una traiettoria su un piano, ossia uno spostamento lungo l’asse di un sistema di coordinate cronologiche ( e tutta la disputa tra i quattro gruppi verte soltanto sulla forma di quest’asse, non sulla sua natura ) ; il tempo superficiale è un tempo secondario perché è preceduto da un tempo profondo, che non è bidimensionale come il piano su cui scorre un punto, ma binario come un punto che pulsa. Il tempo secondario è superficiale, il tempo principale è puntiforme ; il tempo superficiale è il tempo-progressione, il tempo puntiforme è il tempo-pulsazione ; il tempo-progressione è il tempo triplo ( che si dispiega nella successione di passato, presente e futuro ), il tempo-pulsazione è il tempo doppio ( dell’alternanza notte e giorno ) ; il tempo triplo è il tempo della prosa ( del ricordo e del racconto ), il tempo doppio è il tempo della poesia ( il tempo del canto ) ; come il 2 è, più del 3, vicino all’1, così la poesia è, più della prosa, prossima all’Assoluto. Il percorso di risalita del singolo al Principio Primo avviene in modo indiretto, attraverso un passaggio intermedio : il ritorno dal tempo-progressione al tempo-pulsazione, dal tempo della prosa al tempo della poesia ( specifico, a scanso di equivoci, che quando parlo di poesia mi riferisco in modo esclusivo alla sua modalità arcaica fondata sul battito, e lascio volontariamente fuori dalle mie riflessioni tutto ciò che è scritto in versi sciolti, che io non considero poesia ) ; chi compone poesia in questo antico senso, ottiene con la regolazione del ritmo del pensiero, lo stesso effetto che, con la regolazione del ritmo del respiro, ottiene chi pratica il pranayama ; chi padroneggia la tecnica del versificare come tecnica del battere, attua un’arte sostanzialmente simile a quella utilizzata nei misteri della metallurgia, tramandati nelle corporazioni di mestiere dei fabbri : la meditazione mediante martellamento. Chi padroneggia pienamente quest’arte ha raggiunto la maestria; ma nessuno ha mai raggiunto la maestria senza passare per un periodo di apprendistato, sottoponendosi a un addestramento di lunga durata ; poeti non si nasce, né ci s’improvvisa : ogni vero poeta è uscito semplice uomo dal ventre della propria madre biologica, ed è stato rigenerato ( e reso poeta ) dall’esempio ispiratore di un grande poeta precedente che gli ha fatto da padre adottivo, non importa se vivo o morto, indipendentemente dal fatto che questo rapporto di filiazione spirituale fosse puramente ideale (come nel caso emblematico ed eclatante della venerazione così intensa, e forse così eccessiva da rasentare l’idolatria, che Dante rivolgeva a Virgilio ), o un discepolato vissuto di persona, come quello del giovane Valéry nei confronti del più anziano Mallarmé, pontifex maximus dell’ultimo tempio della poesia occidentale : la scuola simbolista francese, sulla cui storia conviene soffermarsi un po’, perché intrisa degli stessi insegnamenti esoterici diffusi negli ambienti occultisti ottocenteschi da cui verrà fuori la grandiosa sintesi dottrinaria di René Guénon, che non casualmente mette al centro della sua concezione dell’arte sacra proprio l’uso del simbolo, ma non avendo avuto una formazione umanistico-letteraria bensì scientifico-matematica ( mancandogli un’esperienza operativa della poesia, che conosceva soltanto da un punto di vista speculativo ) ne sopravvaluta l’importanza, a discapito di quella del tempo-del-verso ; la stessa dimenticanza
( che in sede teorica ha come conseguenza la parzialità della visione guenoniana dell’arte ), quando a dimenticare uno dei due pilastri su cui poggia l’architrave di quel santuario, sono gli stessi esponenti di spicco della scuola, ne provoca il crollo. A dimenticare furono in due : Rimbaud, e lo stesso Mallarmé ; e da queste due dimenticanze ebbero avvio le deviazioni che causarono la catastrofe che ci ha condotti fino a quella cosa a noi contemporanea, che continua ad essere chiamata poesia, pur avendo cessato di esserlo da circa un secolo. Il primo a perdere l’orientamento fu Rimbaud, che nella prima fase della sua produzione ( il Battello Ebbro e gli Ultimi Versi ) era riuscito a mantenersi fedele ai dettami del fondatore Baudelaire, ma successivamente ha commesso quell’errore contro cui ci mette in guardia l’avvertimento evangelico che comanda di non credersi mai superiori al proprio maestro, e accusandolo di manierismo formalista, nelle Illuminazioni ( abbagliato dallo splendore delle sue allucinazioni, ed accecato dall’orgoglio ) abbandona definitivamente la metrica per dedicarsi in modo esclusivo a quella che per l’altro era sempre rimasta un’occupazione di second’ordine : la cosiddetta poesia in prosa ; da questo voltafaccia avrà origine l’eresia surrealista di Breton ( ma almeno, Rimbaud è degno di rispetto e merita ammirazione perché è stato coerente, e portando alle estreme conseguenze l’allontanamento dalla poesia, ha smesso di scrivere, come avrebbero dovuto fare tutti quelli che assunsero la sua eredità, se avessero avuto la sua audacia ).
Il secondo a cadere fu Mallarmé, che dopo Herodiade e il Pomeriggio di un Fauno, si lascia andare alla spericolata sperimentazione di Un Colpo di Dadi, che sposta la poesia dalla dimensione della successione temporale, non verso l’alto a quella dell’intermittenza inspirazione-espirazione, ma verso il basso a quella della simultaneità dell’estensione spaziale ( cominciando quella trasformazione della poesia da musica a pittura, da arte sonora ad arte visiva, che sarebbe infine sfociata nell’attuale confusione fra poesia e performance, rappresentazione, spettacolo, intrattenimento, passatempo, evento, eccetera ), anticipando, e spingendo a, l’eresia calligrammatica di Apollinaire ; Breton e Apollinaire sono le due mani che insieme, seppur da lati opposti ed in maniera indipendente l’una dall’altra, afferrano e sollevano il tembino, scoperchiando la fogna sotterranea da cui fuoriesce la fanghiglia avanguardista che si riversa nelle strade e nelle piazza delle città europee, inondando inizialmente Parigi, invadendo poi le altre capitali culturali, e una volta allagato l’intero continente, attraversa l’oceano e confluisce nella puzzolente spazzatura di quella cloaca a cielo aperto che è la beat-generation americana, in cui la parola artista diventa sinonimo di disadattato sociale, mentalmente disturbato, disoccupato, delinquente, drogato, eccetera ; e qualunque deviazione dalla norma e/o differenza dalla massa è ormai sufficiente per avanzare la pretesa di essere accettato, accolto ed acclamato come un creativo, un contestatore, un coraggioso, eccetera. La mancanza dei colpi di maglio dei versi di uguale lunghezza, significa che la poesia non è più scaturigine di quelle scintille che, come le gocce che una dopo l’altra scavano la pietra, una dopo l’altra scaldano la psiche, fino a portarla a temperatura di ebollizione e provocarne il cambiamento di stato ; quel “trasumanar” di cui parla Dante in un celebre passo della Divina Commedia, non è solamente l’oggetto della sua poesia, ma ne è anche l’effetto ; ossia, la stazione interiore che Dante prova a “significar per verba” dopo averla realmente raggiunta, l’aveva raggiunta proprio grazie alla poesia ; ma scomparsa questa concezione spirituale della poesia, si è verificata una scissione che ha divaricato in due poli diametralmente opposti l’approccio teorico al problema : da una parte una concezione scettica che assegna alla poesia un senso ridotto, ristretto ( una sorta di minimo sindacale di senso, appena soggettivo, o tutt’al più sociale ) e dall’altra una concezione superstiziosa che attribuisce un’efficacia quasi sovrannaturale non alla poesia effettiva, ma alla semplice etichetta POESIA che si può appiccicare su qualunque accostamento ( sarebbe più esatto dire accozzaglia ) di parole.
Come ho già fatto in “Metro, Metodo, Modello” ( di cui questo si può considerare come il seguito ideale ) concludo con un paio di quartine tratte dal mio libro Variando, attinenti all’argomento che ho trattato nell’articolo :

“la poesia non è lo svago dei plebei
non lo psicologo che ascolta se lo pago
che se piango o se mi sfogo mi dà spago
lei non sente se non ho pensieri belli

la poesia non è una prosa che va a capo
in cui l’autore ha perso il filo o divagato
ma se arrivo in mezzo al rigo non è un vezzo
ed una frase senza ritmo non è un verso“

da: http://www.ereticamente.net

sabato 1 aprile 2017

Bando Premio Marineo 2017

Il Comune di Marineo
bandisce
la 43^ edizione del Premio Internazionale di Poesia «Città di Marineo» 2017.
 Il Premio si articola in quattro sezioni:
A - poesia in lingua italiana edita
B - poesia in lingua siciliana inedita
C - poesia in lingua siciliana edita
D - sezione speciale internazionale.
Partecipazione degli autori:
Sezione A - Gli autori potranno partecipare mediante l’invio di una raccolta edita di poesie in lingua italiana, pubblicata tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 marzo 2017. Le opere concorrenti dovranno essere inviate in dieci copie, unitamente ad una scheda contenente i dati anagrafici e i recapiti postali e telefonici dei poeti.
Sezione B - Gli autori potranno partecipare inviando da una a cinque poesie inedite in lingua siciliana e mai premiate in altri concorsi. Le liriche dovranno essere presentate in dieci copie recanti in calce generalità, indirizzo e recapito telefonico dell’autore. Allegare anche copia su cd-rom.
Sezione C - Gli autori dovranno inviare una raccolta edita di poesie in lingua siciliana, stampata fra il 1° gennaio 2016 ed il 31 marzo 2017 in dieci copie, unitamente ad una scheda contenente i dati anagrafici e i recapiti postali e telefonici dei poeti.
Tutti gli elaborati non saranno restituiti.
Non verranno ammessi poeti che, dal 2010 in poi siano già risultati vincitori del primo premio nella varie sezioni.
Il giudizio della Commissione giudicatrice è insindacabile.
La Commissione Giudicatrice nell’ambito della sezione speciale D - indicherà la personalità a cui assegnare il Premio Internazionale.
Potrà essere attribuita una targa premio ad un’opera di poesia straniera, tradotta in lingua italiana e pubblicata tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 marzo 2017.
Tutti i concorrenti dovranno trasmettere le opere, improrogabilmente (farà fede la data del timbro postale), entro e non oltre sabato 10 giugno 2017, alla Segreteria del Premio: presso Comune di Marineo – Ufficio Beni Culturali - Corso dei Mille n. 127- 90035 Marineo tel. 091/7716814e-mail: servizisocio-culturali@comune.marineo.pa.it
I vincitori del Premio delle sezioni A - B - C e D - riceveranno delle opere di alto valore artistico unitamente alle targhe con la motivazione di conferimento.
È obbligo dei vincitori presenziare al conferimento dei Premi. La partecipazione all’iniziativa implica l’accettazione di tutte le norme del bando.

La cerimonia di premiazione avrà luogo a Marineo, domenica 3 settembre 2017.